La lepre: nuove minacce e strategie di contrasto



LA LEPRE: NUOVE MINACCE E STRATEGIE DI CONTRASTO.

Lepre: habitat ed alimentazione.

Tratto dal convegno del comprensorio alpino “alpi lecchesi” a cura di Valter Trocchi, tecnico faunistico, ex dipendente ISPRA, tenutosi a Barzio (LC) il 3 ottobre 2014

Problematiche della lepre….finita.

Ecco di seguito un articolo scritto dal nostro amico Roberto Riboldi circa il convegno tenutosi in provincia di Lecco ad ottobre 2014. Le lepri calano fortemente di numero anche in quei territori che storicamente erano di carniere…è necessario che tutti facciano una riflessione. Grazie Roberto! Moreno

La lepre è un mammifero lagomorfo che ama vivere in particolare la pianura, tuttavia, nel corso del tempo, essa si è dovuta adattare alla vita di ulteriori e differenti ambienti, quali la collina e la montagna, in particolare ad altitudini non superiori ai 2000-2500 mt.

Dal punto di vista dell’alimentazione la lepre ama cibarsidi cereali, principalmente di frumento, orzo, avena e segale,tuttavia è facile che essa si cibi anche di leguminose di vario genere,quali erba medica, differenti qualità di trifoglio e soia. Proprio questi ultimi generi di alimenti possono, se assunti dall’animale in gran quantità, influire negativamente sulla fecondità dello stesso, come di seguito illustrato.

La riproduzione.

In questi ultimi anni la popolazione della lepre non sta vivendo un periodo facile, la sopravvivenza della specie è fortemente minacciata e le maggiori problematiche sono da ricercarsi oltre che nella sterilità degli adulti, anche nelle scarse possibilità di sopravvivenza dei leprotti appena nati.

Oggi possiamo definitivamente affermare che l’animale ha marcatamente differenziato il proprio ciclo biologico a seconda dell’habitat di appartenenza; un chiaro e lampante esempio delle diversità riproduttive riscontrabili tra lepri viventi in ambienti differenti possono essere colte tra gli esemplari che abitano località montuose, i quali si riproducono più di rado nel corso dell’anno, con un parto di 2 neonati circa ed esemplari viventi in pianura i quali riproducendosi più frequentemente possono arrivare ad una razzata di 4/5 leprotti per parto.

Quanto appena accennato accade a causa del fatto chein montagna le condizioni climatiche avverse persistono sino ad inizio primavera,tutto ciò rende palesemente sfavorevole la sopravvivenza della prole.

Diversamente,in pianura, a fine gennaio si possono riscontrare condizioni già ottimali per le prime razzate, motivo per il quale, già nella prima parte dell’anno, può accadere che ci si imbatta nei primi nascituri di lepre, che, a loro volta, saranno fecondi nel periodo di Maggio-Giugno del medesimo anno solare.

Proprio qui si presenta una delle più grandi minacce per la sopravvivenza della lepre, qualora i nascituri venissero infatti predati o perissero a causa di condizioni climatiche non favorevoli, verrebbero a mancare non una ma ben due generazioni, arrecando un grave danno al perdurare della specie.

Una recente ricerca scientifica ha evidenziato come ben il 70% dei leprotti appena nati perisca vittima dell’alto numero di predatori esistenti, mentre il 20% finisca succube di macchine operatrici agricole, solo il restante 10% riesce a giungere vivo all’autunno successivo.Tali drammatici dati sono ulteriormente aggravati dalla sempre più diffusa sterilità della popolazione della lepre, accadimento facilmente imputabile ai fitofarmaci utilizzati nelle colture ed all’elevata età media della specie.

Infatti il periodo più fecondo per il selvatico medio si aggira intorno ai due anni di età e procedendo verso un’età più matura diminuisce progressivamente sia la possibilità di imbattersi in una sana gravidanza, sia di riuscire a portare a termine la gestazione.

Una recente scoperta scientifica ci ha rivelato come le popolazioni di lepri e conigli siano ulteriormente in pericolo a causa di un parassita, chiamato Cisticercosi (Cysticercuspisiformis), nella sostanza una tenia: le uova della Cisticercosi presenti nell’erba di cui si nutre la lepre vengono ingerite dalla stessa e nello schiudersi nell’intestino della lepre produrranno la formazione di cisti lesive all’apparato digerente della lepre e alla sua stessa sopravvivenza.

Contrastare tale parassita è molto complesso, ed affinché esso venga definitivamente debellato occorre seguire una ferrea direttiva comportamentale, innanzitutto è fondamentale evitare che al cane venga concesso di mangiare le interiora delle lepri, oltre al fatto che, la buona norma voglia che l’ausiliario stesso sia periodicamente sverminato.

Modalità di ripopolamento del territorio.

Un ultimo punto di fondamentale importanza consiste nella modalità di ripopolazione e nella possibilità di costituire un ceppo di lepri in grado di vivere e sopravvivere in un dato territorio.

Fondamentale appunto è la possibilità di poter preservare o altrimenti costituire una popolazione di lepri in grado di poter vivere, adattandosi, diversificando le proprie strategie di sopravvivenza, in un particolare ambiente.

Al fine della sopravvivenza della lepre è importante anche la gestione della pressione venatoria, questa infatti occorre che sia regolata in base al numero di esemplari in vita nel periodo antecedente all’apertura della stagione di caccia. Infatti se l’annata precedente è stata particolarmente difficoltosa per il proliferare della specie, il numero di capi abbattibili dovrebbe diminuire, al contrario, se il proliferare dell’animale è stato buono si potrebbero aprire le porte ad una stagione venatoria proporzionale al numero di leprotti sopravvissuti.

Recentemente si è anche scoperto come la maggior parte delle lepri che abitano il territorio siano di origine del territorio stesso. Questo può avvenire solo grazie alla massimizzazione della funzionalità delle zone di ripopolamento e delle riserve, costituendole all’interno degli ATC per permettere al selvatico di ripopolare la zona di caccia, senza intercorrere in pericoli derivanti da ostacoli esterni.

Articolo a cura di Roberto Riboldi.

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